Un breve estratto di alcune poesie contenute nel volume non più ordinabile
Fratelli
Quell’odio che portate
stampato sul volto indifferente
fende nel profondo
la coscienza di avere
dei fratelli.
Eppur lo sguardo
porta l’orma
dello stesso padre,
negli occhi grandi e languidi
il segno di una vita
più tranquilla della mia
ma egualmente difficile
e non serena.
Ora vedete in me
una nemica
perché sono la sorella
rea,
quella che ha creato
scompiglio
e ha messo in discussione
la vostra esistenza
cheta
con la sua venuta.
Come voi
sono figlia,
in comune nostro padre
che prima ancora
è stato mio.
Paura che il bene finisca
Si ha sempre paura che il bene finisca,
il bene di un altro cuore rivolto a te.Si ha paura di non essere il centro,
né l’elemento principale,
né l’affetto prioritario.
Quale amore può colmare
un vuoto lungo e freddo
durato anni, durante il quale si è spento il desiderio di sentirsi amati?
Quale amore può esserci
dopo anni di mancanza,
senza lo scorrere della vita insieme?
Un’intrusa mi sento:
incastrata in un amore ragionevole
che mi dice che son figlia,ma poi mi persuado
che devo essere grande,
senza bisogni,
senza più pretese
verso quell’amore rubato dal tempo
e dalla sventura,
dall’odio e dalla paura.
La mimosa
Si confonde dietro il porticato,fragile, cadente,
con pallidi grappoli,
il vento la scuote,
appena rivolge lo sguardo in alto.Ecco la primavera
l’ha resa solare, pesante,
i sui rami abbracciano la casa
coperta sul davanti.
Non mi perdono
di non averla vista prima
quando tanto splendore
lasciava spoglia la veduta.
Adesso che c’è
non posso fare a meno
d’immergermi
nel suo colore
e nel suo profumo.
L’ubriaco
Quegli occhi lucidi di brace, quell’odoredi alcool assimilato
erano stampati come un’orma
nel cervello prima ancora
di provare la paura.
Arrivava come un ritornello
puntualmente all’imbrunire
e si pensava agli artifici per uscirne.
Tu bussavi con forza
a pochi passi dalla soglia,fuori della porta:
“Pietà, dicevi,non faccio niente”.
Il cuore raddolcito,
al quale avevi fatto
l’ultima promessa,
ti lasciava libero l’ingresso.
Varcata la soglia non c’era più scampo,
non c’era più pietà, né comprensione,
solo pretesti e mille scuseper dare sfogo al vino maledetto.
Via il sonno, via l’affetto,
via le mille bugie,
solo botte.
All’alba eravamo stremate e abbarbicate
al sogno appena passato!
Tu un altro eri ormai,
il mostro si era dileguato
lasciandoti la parte più dolce e delicata.
Chi avrebbe creduto
che avevi solcato i mari
dell’odio, della follia, dell’accesa violenza
ora che eri nell’oblìo?Solo il ricordo e i segni
di un brutto sogno.
La paura ritornava
e tu, ebbro di promesse
appena fatte,
scoprivi la parte più reconditaa te ignota,
in preda all’euforia.
Le onde
Come
le onde
Tremolanti
vanno sull’acqua,
verso
la riva,
qualunque
sia,
così
mi sento
in
un moto perpetuo.
Vengon
da lontano,
sanno
dei lidi
che
le han stremate.
Si
rincorrono
In
un fare frenetico
Senza
tregua, così vado.
Luccicano
sull’acqua
Vorresti
acchiapparle in pugno
Chiedi
loro: “Dove andate?”
Non
ti posson rispondere.
Così
vado,
per
una strada
solo
a me data,
una
forza che non posso controllare
una
voglia antica di procedere
verso
mete solo a me note.
Lo
sciacquio è leggero,
lo
splendore acceca,
la
magia è più profonda.
E’
lì che le correnti fanno a pugni
Per
fare da timone alle onde,
che
non sanno,
eppure
vanno.
L’ultima foglia
Scricchiolano
sotto i passi scherzosi
le foglie morte.
L’ultima, legata ancora
col peduncolo
all’albero che deve lasciare,
dondola
ad ogni respiro di vento.
Con l’ultimo saluto
va a posarsi
chissà dove
abbandonandosi al suo destino.
“O albero nemico
di cui formai la chioma,
ti sei liberato del mio peso
lasciandomi cadere ai tuoi piedi.
Sei leggero
e fiero di aver iniziato il mistero
della vita
aspettando la primavera
mentre io,
sola, triste nella ghiaia,
mi perdo.
Sei solo per l’inverno,
nessuno ti consola.
Nudo e stanco
sei di pessimo aspetto
e invochi il pallido sole
di renderti forte fino a primavera”.
(Produzione letteraria riservata © – Vietata ogni forma di riproduzione o divulgazione)